Articolo di Antonio Di Costanzo pubblicato su Repubblica Napoli il 25 novembre 2018 in occasione dell’incontro Camorra e società: una sfida culturale
La denuncia del magistrato che critica anche le nuove norme sui parcheggiatori: “Manovra illusoria, si torna alla Londra dell’800”
Sulle nuove norme che sanzionano anche penalmente i parcheggiatori abusivi, il procuratore Giovanni Melillo teme «il rischio di una manovra illusoria. Non vorrei – dice – che ci fosse un effetto di deformazione ottica, come se i fenomeni di disordine sociale siano legati all’accattonaggio e al parcheggio abusivo. Questo fa riportare indietro il diritto penale alle società ottocentesche di Dickens dove il diritto penale era dedicato quasi esclusivamente ai poveri». Il procuratore lo afferma intervenendo a “Dialogo a due voci su camorra e società: una sfida culturale”, incontro promosso dall’associazione “VivoaNapoli” al museo Pan, al quale partecipano gli studenti della 5L del liceo Come-nio. A parere di Melillo «il problema è l’effettività della legislazione penale sulle classi dirigenti, sulle loro devianze e sulle propulsioni affaristiche e criminali che spesso vie-ne accantonata dalle classe politi-ca dirigente». A discutere di legali-tà e camorra, nel corso del dibatti-to moderato da Emilia Leonetti e Giulio Maggiore, presidente e vice di “VivoaNapoli”, c’è Isaia Sales, docente di “Storia della mafie” al Suor Orsola Benincasa. Sales ricorda le similitudini nell’ottocento di città come Londra e Parigi con Napoli, ma «mentre Londra e Parigi si sono sviluppate, Napoli è una città dove la criminalità svolge ancora una funzione di equilibrio».
Vicino alla “camorra bassa” facilmente riconoscibile dalla sua vocazione violenta ce n’è un’altra, forse ben più pericolosa «quella costituita dal ceto delle professioni – accusa Melillo – che a volte in buonafede, ma più spesso, scaltramente, coltiva l’illusione di non avere nulla a che fare con la bassa camorra. Borghesia imprenditoriale che è estremamente impegnata in attività di riciclaggio, estremamente impegnata nella compartecipazione del controllo dei mercati legali, come il mercato immobiliare, per esempio. Qualcuno si sarà chiesto perché a Napoli le case costano come a Manhattan? – domanda il magistrato – qui c’è un obiettivo e una convergenza di interessi tra un ceto produttivo e organizzazioni cri-minali che fanno affluire continua-mente risorse sul mercato immobiliare e il ceto proprietario che ha interesse a tenere alte le rendite. È un dato obiettivo. Presenza con-giunta di compartecipazione di borghesia che non avrebbe bisogno di giungere a tanto». E la situazione a 25 anni dal rapporto della commissione antimafia su politica e camorra, da cui emergeva l’immedesimazione tra strutture politico burocratiche e strutture prettamente criminali, il quadro non sembra essere cambiato. Come esempi Melillo porta lo sciogli-mento per infiltrazioni mafiose di diverse amministrazioni comunali: «Non di piccoli comuni, ma di organi direttivi di sistemi democraticamente eletti di aggregazioni urbane con anche 100 mila abitanti come Giugliano, terzo comune della Campania, sciolto due-tre volte negli scorsi anni». Parte del suo intervento il procuratore lo dedica alla questione della corruzione: «È lo strumento principe di un’organizzazione criminale. La violenza si esercita quando si deve abbattere un nemico, la corruzione produce amici e moltiplica le opportunità e consente di utilizzare le opportunità: è un ordinario strumento di espansione delle organizzazioni criminali e delle imprese». Sulla corruzione Sales dipinge questo quadro: «La corruzione al Nord è dominio dell’imprenditoria, a Roma della politica e al Sud della malavita». A preoccupare il procuratore Melillo, inoltre, è anche la «dimensione ristretta dei movimenti di opinione e politici, dell’associazionismo civile che fanno del ripudio delle logiche criminali la propria ragione di essere. Colpisce la diffusione di un sentimento di apatia che contribuisce a restringere gli spazi di vita democratica e civile e alla perdita dei nostri giovani, le energie migliori vano via o pensano di farlo». Decidono di lasciare luoghi dove l’affermazione di codici criminali restringe gli spazi di libertà, di democrazia e le opportunità. Anche nel linguaggio si sente questo peso: «Mio figlio frequenta il liceo Umberto – racconta il magistrato – e anche lì indicano una presunta spia come pentito».
A sorpresa all’incontro interviene anche il sindaco Luigi de Magistris che, partendo dalla sua esperienza personale, della vicenda che lo ha costretto a lasciare la magistratura, afferma che «la mafia è nello Stato».