Articolo di Davide Cerbone, pubblicato su IL MATTINO del 25 marzo 2017,
Produttori, registi e scrittori al Pan discutono sui modelli narrativi che raccontano Napoli.
Un trust di cervelli allenati a scrutare l’orizzonte, per raccontare la città che cambia con uno sguardo che vada oltre il contingente. E per discuterne, soprattutto, con quelli che la città la vivono tutti i santi giorni.
La scintilla é scoccata nella mente di Emilia Leonetti, presidente dell’associazione “VivoaNapoli”: “La politica è in crisi, ci si incontra sempre meno. Il dibattito, invece, può aiutarci a capire come migliorare la nostra vita nel luogo in cui abitiamo”, si e detta. E stata lei a chiamare a raccolta gli uomini di cinema e di teatro per l’incontro pubblico dal titolo “Napoli: tra mito, leggenda e realtà”, che – é il caso di dire – andrà in scena stamattina alle 11 nella sala De Stefano al Pan.
Ad esplorare l’eterna, inesausta metamorfosi di una Napoli che non è mai uguale a se stessa, i produttori Angelo Curti di Teatri Uniti e Riccardo Tozzi, fondatore di Cattleya, e il direttore della Rai di Napoli Francesco Pinto. Con loro, esploreranno le mille narrazioni che provano a decifrare la città alcuni artisti chiamati a portare la propria personalissima testimonianza: il fotografo Antonio Biasiucci, il regista e sceneggiatore Davide Iodice, il rapper Dope One, il fotoreporter Eduardo Castaldo, lo scultore Lello Esposito, lo scrittore e giornalista Francesco Durante, la scrittrice e sceneggiatrice Valeria Parrella e l’attore Patrizio Rispo (che, tra l’altro, è anche membro del Cda del Teatro Stabile di Napoli). “Il tema del racconto della città è esploso con “Gomorra”, che fornisce una lettura negativa, alla quale si può contrapporre quella positiva dei “Bastardi” di de Giovanni», argomenta Emilia Leonetti, che modererà con Fabio Pascapé il confronto al quale prenderà parte anche il sindaco Luigi de Magistris. “Sono prospettive diverse, e tutte hanno fondamento. Così, ho pensato di mettere insieme persone che riescono ad avere uno sguardo piu profondo e di chiedere loro perché Napoli susciti racconti così contrastanti: l’arte, con la sua capacita di visione, può dare un grande contributo a questa analisi”, continua la presidente di “Viv0 a Napoli”.
E anticipa un quesito chiave: “Viviamo per stereotipi, allora dovremmo domandarci se é l’immaginario a creare la realtà o viceversa”, getta un sasso nello stagno, come a dire che a separare la narrazione dalla verità a volte c’è un diaframma sottile. E non sempre è facile cogliere il confine. Ma oltre il parlare, c’e il fare: “Per dare maggiore concretezza alla nostra iniziativa, daremo vita ad un coordinamento di associazioni; ne stiamo parlando con Franco Rendano del Lanificio 25 e abbiamo gia creato una piccola rete con alcune associazioni: la Città di Pulcinella, A voce alta e il Quartiere intelligente, a Montesanto», rende noto Leonetti.
Angelo Curti, co-fondatore di Teatri Uniti, ha raccolto la sua sollecitazione con un’idea chiara in mente: “Parlerò di come le epoche possono influenzare la narrazione di un luogo. Quando incontrai per la prima volta Riccardo Tozzi, gli proposi due sceneggiature: quella de “Il cantante e il calciatore”, scritta da un giovane ignoto di nome Paolo S0rrentino (era la prima versione de “L’uomo in più”, ndr) e “La volpe a tre zampe” di Sandro Dionisio, tratta dal romanzo di Francesco Costa. Ebbene, Tozzi snobbò lo script di Sorrentino: evidentemente, in quell’epoca il racconto della città virava verso un’altra direzione. Succede
che lo sforzo di comprendere il presente finisca per toglierti la capacita di visione. Per essere in sintonia con il proprio tempo, a volte si finisce col non
guardare il domani. Mentre il tempo si dovrebbe sempre coniugare al passato, al presente e al futuro. Insieme”.
A questo affresco corale della Napoli che é, che sarà e che dovrebbe essere non mancheranno le pennellate corsare di Davide Iodice: “Sono stato fuori per alcuni anni, poi sono tornto definitivamente nel ‘95, quando mi proposero la condirezione del Teatro Nuovo – ricorda il regista -. Per me vivere a Napoli é una condizione di necessità sul piano affettivo, ma d’altro canto sul piano espressivo questa citta ti obbliga a mettere continuamente il dito nella piaga. Per questo produce cose bellissime conie il laboratorio permanente che tengo all’ex Asilo Filangieri, una sorta di conservatorio popolare delle arti e della scena, dove abbiamo 58 allievi tra attori, gruppi, performer e ragazzi disabili. E poi – continua Iodice – ci sono i rapper, che sostituiscono alla contro-oleografia dell’aggregazione criminale gruppi di giovanissimi capaci di cose straordinarie. Nelle periferie disperate, sotto i cavalcavia o nelle piazzette, quei ragazzi lavorano con il ritmo e svolgono anche una funzione di mediazione culturale. Sono i nuovi modi di vivere a Napoli, tra i quali c’è anche il mio. Una risposta chi vorrebbe omologare tutto, riducendo Napoli ad un grande set criminale».